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mercoledì 7 gennaio 2015

Il ruolo del linguaggio nell’evoluzione culturale e religiosa


Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 4 gennaio 2015
Il ruolo del linguaggio nell’evoluzione culturale e religiosa
Scheda sul laboratorio all’incontro nazionale CdB
Elaborata da Giuseppe- Claudia- Vanna- Luciana

Vangelo di Giovanni
In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto
di tutto ciò che esiste. In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l’hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Egli era nel mondo,
e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l’hanno accolto.
A quanti però l’hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali non da sangue,né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;

Gli aspetti del tema presi in esame

- La parola da forza creativa nell'antichità spesso si riduce attualmente a strumento di manipolazione e dominio.
  - La riappropriazione del linguaggio ha come presupposto il superamento della distinzione sacro/profano: l'esperienza delle CdB.
 - Il ruolo dei mass-media nella trasformazione del linguaggio e nell'evoluzione spirituale dell'individuo (tenendo presente il problema dell'informazione religiosa su stampa e TV).


Interrogativi e spunti di riflessione  a partire da alcune parole chiave

PREMESSA

Continuare , dopo quarantacinque anni, questi nostri incontri nazionali CdB crediamo debbano assumere il significato di  confrontarsi su contenuti , metodi ed esperienze di vissuti che abbiano il carattere della significatività per l’oggi della chiesa e della società: dunque incontri che siano capaci di offrire  contributi per un progetto  di rinnovamento da elaborare insieme, donne ed uomini che ritengono utile proseguire nell’ impegno per il rinnovamento di cammini comunitari non solo ecclesiali.
In questa chiave di lettura  interrogarci ed approfondire il “valore della parola” nelle differenti accezioni : culturale, sociale, religiosa, relazionale, comunicativa, può costituire un momento di confronto interessante ed utile a decostruire e ricostruire un messaggio per l’oggi.
Una proposta di questo laboratorio  vorrebbe essere  recuperare e riscoprire parole già dette e che ci appartengono. Non si tratterà dunque di “produrre e moltiplicare “ parole ma di recuperare le tante parole portatrici di messaggi-esperienze- contenuti che abbiamo prodotto negli anni e che hanno il sapore ed il valore della modernità e dell’attualità.
Si tratta di un laboratorio di proposta e dunque sono tracce su cui, chi vuole, può continuare a lavorare e riflettere.
Alla preparazione di queste tracce abbiamo contribuito: Claudia,Vanna,Giuseppe,Luciana, prendendo spunto dalle riflessioni sviluppate in questi anni all'interno della Comunità.
Dopo aver concordato idee,contenuti e metodi, ciascun* ha messo in gioco le proprie intuizioni, specificità di interessi e competenze: ne sono uscite le seguenti schede…..forse un po’ troppe, ma
non abbiamo voluto che lo sforzo fatto da ciascun* andasse perduto, lo regaliamo volentieri a chi
vorrà intrecciare con noi le sue riflessioni.
Proviamo dunque ad entrare in questo tema a partire da alcune  provocazioni


PROVOCAZIONI
PAROLE “SACRE”

DIO



Qual è oggi l’attualità di
un termine coniato ed elaborato in un contesto culturale e sociale  in cui  IL DIO DEL MONOTEISMO scaturiva dal bisogno storico-culturare di unirsi per liberarsi dalla schiavitù?
Esiste  Dio – non esiste  Dio; credente – ateo; cristianesimo-marxismo: cristiano – comunista; cattolico – protestante – mussulmano
Nel cammino della nostra esperienza fu scelto di abolire tutte queste categorie e molte altre che servivano a dividere “il popolo” ed anche a creare tensioni personali in ciscuno/a di noi che non accettavamo di subire questi conflitti ideologici. Intuimmo subito che il primo passo verso la relazione comunitaria era il rispetto assoluto delle differenti fedi ed identità, che non era necessario pensare tutti alla stesso modo per elaborare un nuovo processo identitario di collaborazione e prassi comune.
PREGHIERA – PREGARE
Possiamo coniugare questa parola al presente ?
Il termine “ ti prego” è una richiesta di aiuto , di collaborazione, di solidarietà, di reciprocità che nelle nostre relazioni  si arricchisce di parole come dono, sentimenti, gratuità, disponibilità,in un intreccio assolutamente di interscambio paritario che mette in moto energie positive e crea comunicazione e non dipendenza passiva.
 Ancora oggi il termine e l’atteggiamento del pregare viene proposto come soggezione, delega, invocazione, richiesta di aiuto ad un potere superiore, rinuncia all’iniziativa soggettiva e personale, abbandono passivo e rassegnato ad un oltre sconosciuto e inconoscibile.
Questo linguaggio e atteggiamento ha favorito sottomissioni, dipendenze, passività e rassegnazioni nei più sfortunati ed ha innalzato i potenti di turno che si sono sentiti investiti
della facoltà di comandare,dirigere, usare le vite di tanta parte debole dell’umanità magari convinti di fare il bene e santificati dalle religioni.

GESU’
E’ possibile liberare questo nome e questa identità dal carattere sacrale e rendergli quei valori di un Gesù che non ha avuto paura di condannare i poteri, di trasgredire le regole per salvare le persone , impegnato a difendere eretici-emarginati-prostitute-  e di lasciarsi cacciare dal “tempio” ed essere condannato a morire “senza la benedizione dei sacerdoti di allora?
Come fare?
Molto difficile e complessa è  la decostruzione del personaggio Gesù come ci vene consegnato dalla fede che ci è stata impartita . Questa immagine di Gesù-figlio di Dio è cresciuta dentro di noi come una personalità mitica . Seguire i suoi insegnamenti voleva dire rinnegare sé stessi, prendere la propria croce e seguirlo: assomigliare a lui voleva dire rinnegare i valori della nostra umanità sublimando un super io capace di “gesta di santi ed eroi” con il compito di “salvare” e convertire. Dovevamo essere “i primi della classe!” e soccorrere    ”i poveri di spirito e di beni”. Questa immagine di Gesù era avvincente, ci piaceva, ci faceva sentire “diversi e prediletti”, inoltre era rassicurante, priva di incertezze, capace di vincere le nostre paure e di regalarci il domani.
Tale dimensione mitica riempie di folle piazza San Pietro, ma forse anche le nostre stesse costruzioni interiori ?!!

VANGELO
E’ possibile tradurre tale parola e messaggio in termini come:Gesù figlio di Dio? Sì, come tutti/e noi uomini e donne;Gesù salvatore dell’umanità? Sì come tutte/i noi quando  siamo impegnate/i a costruire un mondo migliore; Gesù  che  fa miracoli? Sì come tutti/e noi quando  come comunità, omepersone, come varia umanità ci diamo da fare per il bene comune!

Riscoprire e riappropriarci  del “messaggio -  dei messaggi” contenuti nel vecchio testamento e nel vangelo fu una scelta fondante del cammino che andavamo ad intraprendere.
Via via che riuscivamo ad  entrare criticamente dentro i testi ed a contestualizzarli nella cultura e nella società del tempo  scoprivamo la necessità di restituire loro la dimensione del messaggio che gli autori avevano voluto consegnarci.

PAROLE SULLA LITURGIA
(spunti tratti da Martino Morganti, in “Confronti”, ott. 1991, gen. 1992, feb. 1992)
SULLA PAROLA OMELIA
Definizione dal dizionario: discorso sacro fatto ai fedeli da un prelato durante la messa o altra funzione religiosa, come commento di brani della Bibbia e dei Vangeli.
L’omelia-monologo è comunicazione incompleta, strozzata. Usa solo un canale, quello dall’emittente al ricevente. Manca il canale di ritorno dal ricevente al mittente. E’ unidirezionale e impedisce la circolarità della comunicazione. E’ organica al rapporto superiori – sudditi teso all’assenso. L’omelia-monologo è specchio delle chiese di tipo gerarchico - dicotomico (clero-laici). Ed è funzionale al mantenimento dello status quo istituzionale e dottrinale.
Definizione etimologica: dal greco homilía ‘conversazione, dialogo, adunanza’.
Per esempio homileo è la parola usata per indicare il dialogo tra Gesù e i viandanti lungo la strada di Emmaus.
Adottare una omelia-dialogo non significa quindi adottare una diversa forma di annuncio evangelico, ma rappresenta un modo diverso di essere chiesa ed assemblea liturgica.
Non a caso i movimenti di rinnovamento evangelico hanno puntato fortemente sulla restituzione della parola a chi era ridotto al solo ascolto. Particolarmente, quindi a coloro che ne erano istituzionalmente espropriati: i laici.

SULLE PAROLE PANE e OSTIA
Definizione di PANE: cibo ottenuto dalla cottura nel forno di un impasto di frumento (o altri cereali), acqua, a volte sale, lievitato o meno.
mentre essi mangiavano, prese del pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo…”. 
Si mangiò del pane, cibo della quotidianità, con le modalità della convivialità, fino a circa il III-IV secolo. Ma ‘pane’ e ‘vino’ non significano inevitabilmente pane e vino d’uva, ma segni profondi, secondo il messaggio di Gesù, della convivialità e della fratellanza e quindi potrebbero ben essere pane di riso o di mais; o vino di palma...
Definizione etimologica di OSTIA:  dal lat. hostia cioè ‘vittima’: la vittima offerta in sacrificio alla divinità; per estensione, il sacrificio stesso.
La liturgia cristiana ha mantenuto la parola pane che stava sulla mensa delle origini, ma ben presto lo ha trasformato in un pane trattato, modificato, simbolizzato, non più chiamato pane bensì ’ostia’, ossia “vittima sacrificale”. Si è così (ri)tornati ad visione religiosa, diffusa nell’antichità e in ogni tempo, di tipo “sacrificale”, perdendo la visione  innovativa dal movimento di Gesù fondata su convivialità=condivisione=dedizione piena.

SULLE PAROLE MENSA E ALTARE
Definizione di MENSA:  tavola intorno alla quale ci si siede per mangiare insieme
Nelle origini, fino a quando i cristiani celebravano nelle “chiese domestiche” (fino circa il II-III sec.), l’eucarestia era uno spezzare il pane e un versare il vino nella memoria di Gesù che si svolgeva su una mensa domestica. Poi si è passati all’altare.
C’è chi sostiene che i primi cristiani si sarebbero adattati ad una mensa domestica in attesa di avere, presto o tardi, un altare e un tempio. Morganti invece sostiene che i primi cristiani avevano pienamente compreso l’importanza della convivialità della mensa e ne andavano fieri e affermavano: “ara et delubra non habemus” (non abbiamo ne altari né templi) (Minucio Felice). Poi quando i cristiani ottennero propri luoghi di culto, quando il cristianesimo divenne religione dell’impero, si passò dalla mensa all’altare, un altare sempre più ornato, ricco, prestigioso. Un passaggio non da poco: sulla mensa il pane; sull’altare la vittima.
Definizione di ALTARE: 
nel mondo pagano superficie piana, sopraelevata dal suolo, in genere di pietra o marmo, su cui si compivano sacrifici alla divinità (offerte o immolazioni di vittime).
Nel culto cristiano tavola consacrata sulla quale il sacerdote celebra la messa.

LE PAROLE DELLA SCIENZA
MATEMATICAMENTE PARLANDO

INTEGRAZIONE
L’operazione di integrazione non è che una SOMMA.
Prima di tutto occorre stabilire qual’è la differenza fra il punto a cui si vuole arrivare e quello dal quale si parte e suddividere questo intervallo in un numero molto alto (teoricamente infinito) di piccoli passi. L’oggetto dell’integrazione può dipendere da vari fattori, ma in genere uno è il più importante ed è quello che si prende in considerazione. Occorre inoltre dare un valore medio a ciascun passo fra il punto di partenza e il punto di arrivo.
Dopo di ché è sufficiente fare la somma di tutti questi valori dopo averli moltiplicati per la grandezza del relativo passo.
Il risultato è quindi una SOMMA fra un numero pressoché infinito di addendi.
La descrizione fatta sopra si adatta anche a ciò che viene spesso richiesto alle persone di altre culture che vengono a lavorare in Italia? Ci sembra di sì, con una particolare (e sostanziale) differenza: dove sta la somma?
Quando si dice, tanto per fare un banale esempio,  che la tal ragazza islamica si è integrata perché va al lavoro senza il velo o mostra il piercing sull’ombelico senza problemi, uno degli estremi dell’intervallo potrebbe essere la sua eredità culturale in fatto di vestiario e l’altro estremo l’indifferenza occidentale all’ombelico scoperto delle ragazze. E’ sicuramente possibile suddividere l’intervallo in un numero, magari molto alto, di passi da fare, ma siamo sicure/i che stiamo dando il giusto valore e significato ad ogni passo? E soprattutto, siamo disposte/i a fare la somma e non solo considerare come giusto risultato (cioè come soluzione del problema) il valore dell’ultimo passo, cioè l’approdo alla nostra cultura e l’abbandono totale della precedente?
Ripeto: dove sta la somma?

LIMITE
L’invenzione del concetto di limite ha dato inizio allo sviluppo di tutti sofisticati strumenti matematici utilizzati oggi dalla Scienza in tanti campi diversi.
Cos’è il limite? Un qualsiasi problema può dipendere da tante variabili, ma per farla semplice ne consideriamo solo una per volta. Il limite considera quello che succede quando questa variabile si avvicina sempre di più, a passi anche piccolissimi, ad un certo valore. Non è necessario sbatterci contro; per capire cosa succede è sufficiente avvicinarsi piano piano a questo valore. La soluzione, cioè la cosa che interessa conoscere attraverso il limite, sta nel modo in cui a questo ci si avvicina indefinitamente, ma niente si dice e/o interessa quando il valore della variabile VA OLTRE.

Ben poche persone ormai fanno finta di non capire che occorre una COSCIENZA DEL LIMITE. E che inoltre alcuni limiti vitali (nell’uso delle risorse naturali, così come nella morale e nell’etica civile) sono diventati pericolosamente vicini.
Eppure ci lasciamo vivere nell’illusione che questi limiti possano essere superati senza troppi problemi o che in futuro possa essere possibile trovare il modo per spostarli in avanti.
Non basta: si incontrano spesso persone che di proposito scelgono di vivere al di sopra dei limiti  perché così la vita sembra più interessante! Si cerca di superare il limite battendo i record sportivi, ma per farlo si ha spesso bisogno di ricorrere a sostanze pericolose per la salute. Superare i limiti di velocità in auto fa salire l’adrenalina: è una bella sensazione, no? Ecc.
Occorre davvero SUPERARE I LIMITI per essere felici, o per guadagnare qualcosa in più in attività spregiudicate, o ottenere successo in affari o comportamenti azzardati? 
                                                        
                                                         FISICAMENTE PARLANDO

INCERTEZZA - INDETERMINAZIONE
Il principio d’indeterminazione di Heisenberg dice che non si possono misurare con precisione e simultaneamente
alcune grandezze fisiche e che spesso si può solo indicare una certa probabilità che un fatto accada. Sembra una sconfitta della Scienza e prima che il principio fosse accettato come valido dovette passare un buon lasso di tempo di contrasti e tentativi di smentite. Primo fra tutti fu proprio Einstein a rifiutarsi di credere che dio giocasse a dadi.

Non molti sanno che tutta l’elettronica (quella scienza che ha acceso le radio e i televisori, ci fa parlare al telefono fisso o cellulare, ci collega al resto del mondo in internet, ..), che tutta la chimica (quella scienza che ci procura le medicine salvavita, i materiali con cui costruiamo gli oggetti più comuni, i metodi per trasformare tante sostanze difficili da usare in altre più semplici, …), tutta l’astrofisica ecc. si basano sul fatto che oggetti minuscoli come gli elettroni, a causa di quella incertezza, abbiano una minima probabilità (minima, ma esistente) di saltare dove non ci si aspetterebbe e produrre … onde radio, legami chimici, luce e plasma interstellare.
Senza incertezza, niente Big Bang!
E l’incertezza del nostro futuro?

ESCLUSIONE
Il principio di esclusione di Pauli dice che gli elettroni in un atomo sono obbligati a disporsi in modo strettamente gerarchico: prima i posti più in basso, meno energetici, poi via via quelli più in alto, senza lasciare spazi vuoti. Nessuno può occupare il posto di un altro prima che il posto sia stato lasciato libero e che ogni spostamento verso l’alto richiede una certa energia, così come gli spostamenti verso il basso avvengono solo con cessione di energia.
Niente anarchia o libertà di scelta per gli elettroni!
Quelli ai livelli più alti lavorano di più: creano legami, saltellano su e giù, ne attirano o respingono altri, si trasformano in luce e calore. Quelli ai livelli più bassi, con meno energia, si occupano di stare vicini al nucleo, lo schermano, costituiscono l’identità dell’atomo, che non viene modificata dal trambusto degli strati superiori.
C’è una certa differenza col macromondo  in cui viviamo noi, esseri umani! Ma non c’è forse anche qualche somiglianza?


PAROLE NELLA COMUNICAZIONE

AUDIENCE



Parola inglese per indicare 'udienza', ma anche 'uditorio' o più comunemente 'pubblico'.
….. tra i lettori in crisi di identità e i giornali in perdita di lettori tende a non esserci soluzione di continuità. Le volgarità culturali trionfanti e alimentate dalla televisione e dal web trovano il loro organico prolungamento nella impressionante dismissione delle edicole: ma anche della chiusura delle sale inematografiche, dei circoli culturali, delle ‘scuole parallele’, delle testate giornalistiche. A che serve leggere l’altro da noi, il giornale, se è proprio l’altro da noi, lo stesso giornale, a produrre non-lettori? (Umberto Eco)

IMMIGRAZIONE


Insediamento e permanenza con carattere temporaneo o definitivo in un luogo, di persone che vi giungono dall'estero o da altre zone del territorio nazionale in cerca di lavoro o di miglioramento economico
La rappresentazione mediatica criminalizzante e emergenziale è foriera di effetti concreti sulle esistenze degli individui e sulla convivenza sociale, determinando lo sviluppo o
l’accentuazione di fenomeni di xenofobia e discriminazione e favorendo l’implementazione di politiche restrittive verso le migrazioni.
Il rapporto tra mezzi di comunicazione, discorso pubblico dominante e “diversità” sociali è
in realtà da sempre critico, così come da sempre si sono verificate le ondate di panico morale di cui sono vittime categorie e figure loro malgrado socialmente emarginate.

IDEOLOGIA





Complesso sistematico di concetti, di principi posti alla base di un atteggiamento politico o culturale
Per alcuni ideologia è sinonimo di contrapposizione antitetica, ovvero, Bianco/Nero, Amico/Nemico….. Per altri ideologia è un codice di idee predeterminate,  e Strutturate che ……. irreggimentano i nostri atteggiamenti, le nostre interpretazioni, le nostre azioni sociali. Ma ideologia è qualcosa di più e qualcosa di meno. Ideologia è ogni nostro atto. Ciascun punto di vista. Anche bere un caffè, fumare sigarette, andare al cinema. Ideologia significa avere e proporre e far parte di una logica, di un punto di vista sulle cose e i fatti del mondo, mediata da un sistema di idee (da qui “ideologia”) e da codici culturali di riferimento, divenne religione dell’impero, si passò dalla mensa all’altare,un altare sempre più ornato, ricco,,prestigioso.Un passaggio non da poco:sulla mensa il pane sull’altare la vittima. (da 'Libertiamo')

PAROLE SUI VISSUTI

COMUNITÀ

Questa parola è ancora oggi attuale? In che senso?
Quali messaggi e quali vissuti
Contiene per le nuove generazioni?
Quali “parole altre” dell’oggi
Possono arricchirla?
 La nostra esperienza si pone fin dall’inizio  come un cammino di coerenza fra la riflessione e riappropriazione della memoria e della cultura di appartenenza  ed il vissuto quotidiano. Evitammo ogni teorizzazione di principi e regole comportamentali e optammo per la ricerca di esperienze  valori  ed identità che emergevano da uomini e donne del territorio in cui vivevamo, un territorio spesso marginale od una periferia emarginata in cui scoprimmo le potenzialità di cambiamento e di salvezza di cui eravamo portatori e che volevamo valorizzare e contribuire a far crescere. La parola “comunità” era per noi carica di vissuti e di significati ideali ed esistenziali, tutti da progettare e costruire.

IDENTITA’
 L’affermazione dei tanti io eccentrici è veramente la condizione delle nuove generazioni?
La ricerca di tale eccentricità può portare veramente al confronto democratico, oppure si corre il rischi di autismo ed incomunicazione?

 Sentiamo l’esigenza di trovare un equilibrio tra identità individuali- comunitarie e intreccio con la-le differenze in un momento in cui nazionalismi, conflitti, paure favoriscono  lo scontro anziché  l’incontro.
Siamo consapevoli che  ogni identità ha i suoi pregi ed i sui limiti.
Certamente il riferimento a Cristo ed al vangelo non è privo di conflitti e di contraddizioni nella costruzione di una identità sia individuale che di gruppo.
Quale memoria serve per costruire identità individuali e collettive e per contrapporsi creativamente al pensiero unico?

MEMORIA
Noi e la nostra cultura siamo figli/e della nostra storia e memoria, oggi potremmo fare a meno di comunicare alle future generazioni il essaggio che appartiene alla nostra storia?E’ un dovere, è una responsabilità che abbiamo?
Oggi le giovani generazioni esprimono un bisogno di identità e di radici cercando un dialogo con il passato, oppure siamo noi vecchi ad imporre loro una memoria? Quale memoria comunicare?
Parliamo di memoria perché  la nostra identità di comunità di base affonda le sue radici sulla memoria . “ogni volta che farete questo lo farete in memoria di me”
Parliamo di memoria perché sia la nostra vita di comunità che la nostra vita individuale sono attualmente nella fase di intrecciare relazioni comunicando memoria di un vissuto intenso e significativo.
Parliamo di memoria in un contesto in cui le tecnologie, i masmedia, il consumismo, i ritmi di vita ci impongono, soprattutto alle generazioni giovani, una enorme quantità di notizie, di conoscenze, di imput…..che confondo le menti e impediscono di riflettere, memorizzare, conservare ed elaborare identità


Eucarestia – Lettura comunitaria

La fede su cui si fonda il nostro vivere,
 sia essa fede religiosa o fede laica,
è spinta a rinnovarsi di continuo
dalle vicende gioiose o tragiche della vita e della storia.
E’ tenendoci per mano che riusciamo a dare alla vita
un senso sempre nuovo e al tempo stesso antico,
ricco di tutta la sapienza del cammino umano nei secoli.
Amiamo pensare e credere che la sapienza
è la forza stessa animatrice dell’universo.
E’ la forza che dall'intimo ci spinge a riconoscere questo filo
che ci unisce alle donne e agli uomini  di tutti i tempi,
è l'ansia e l'utopia e la ricerca di un mondo
in cui non esistano più gerarchie,
dove le ultime e gli ultimi siano le prime e i primi,
dove possiamo vivere liberamente la differenza
ed arricchirci delle differenze.
Essa ci precede e ci attende.
Essa è la fonte che ha animato la testimonianza di Gesù.
Il quale, la sera prima di essere ucciso,
durante la cena pasquale con i suoi,
prese del pane, lo spezzò e lo distribuì loro dicendo:
"Prendete e mangiatene tutti,
questo è il mio corpo che è dato per voi".
Poi prese il calice del vino, lo diede ai suoi discepoli
e disse: "Prendete e bevetene tutti,
questo è il calice del mio sangue
versato per voi e per tutti:fate questo in memoria di me".
Sapienza, condivisione, partecipazione, gioia,
sono oggi le parole che accompagnano la nostra Comunità
la quale, insieme a tutte le donne e gli uomini di buona volontà,
cerca di  dare alla vita un senso sempre rinnovato
senza perdere una goccia di tutta la sapienza
del cammino umano nei secoli,compresa la sapienza ,
 la forza e la fede dischiuse dal Vangelo.



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