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venerdì 17 novembre 2006


La lettera


Fiorin fiorello


moreno e franco sono tutti quanti


uomini e donne peccatori e santi


dalle baracche qui tutti passati


in un gran giro d'anni arroventati.


Forza Leonardo, Vinci la paura,


caccia un fiorino, esci dalle mura.


Fiorin fiorello


siam qui da cinquant'anni


l'acqua dell'Arno scorre da mill'anni


scende  risale e poi ritorna a noi.


Lo stesso noi farem con la memoria:


con lei noi salverem la nostra storia.


Fiorin fiorello


addosso a noi non ti farai men bello.






Signor Sindaco,


 


Da qualche tempo si è fatta strada tra molte persone che, come noi, hanno vissuto la storia di questa città nei movimenti di base, nei sindacati, nell’associazionismo, l’idea che questa storia collettiva debba avere un “riconoscimento” proprio da quelle stessa istituzioni che di questa storia portano il segno. Palazzo Vecchio in primo luogo. Il “riconoscimento” di questa storia collettiva che intendiamo rappresentare con la Mostra “Le radici della partecipazione. Firenze e il suo territorio”, passa anche attraverso il ringraziamento alle persone che questa storia collettiva hanno saputo interpretare in modo significativo. Non si tratta di fabbricare degli eroi, ma di saper dire grazie a dei compagni di strada. Una strada che abbiamo pescorso insieme, ognuno con le proprie diversità. In questo momento pensiamo soprattutto a due persone che hanno segnato la vita di un quartiere e, attraverso il quartiere, della città intera: Enzo Mazzi, già parroco dell’Isolotto e Sergio Gomiti, già parroco della Casella. Essi esprimono bene la storia di questa parte della città che va dal Pignone al Ponte a Greve e che ha dato tanto alla identità della Firenze del Novecento. Un quartiere che ha vissuto prima fuori della città, che è poi diventato città e oggi vive per lo sviluppo della città. Non possiamo dimenticare che per la prima volta le recenti campagne elettorali della sinistra si sono concluse  in due piazze significative della periferia: alle Piagge e all’Isolotto. Piero Fassino, Fausto Bertinotti, Leonardo Domenici e Walter Veltroni hanno dato un segnale forte  alla città che cambia. Non un segnale di parte, ma una prospettiva di civiltà. La “città tenda” di Giovanni Michelucci, la città dell’accoglienza, della gente che diventa comunità.


Enzo Mazzi e Sergio Gomiti sono parte attiva di questo percorso di emancipazione collettiva. Il loro modo di interpretare il Vangelo e la solidarietà sociale ha segnato la qualità della vita del quartiere e di tutta la città che in questi valori si è riconosciuta e si riconosce. Si tratta di uomini che hanno espresso ed esprimono un legame fraterno tra di loro e con gli altri, che hanno operato ed operano con spirito di unità e di dialogo. A chi dice che essi rappresentano anche un elemento di divisione nella storia della città, una divisione che attraversò allora la Chiesa fiorentina, possiamo rispondere  che anche la Galileo e la Pignone divisero la città tra chi stava dalla parte degli operai in lotta e chi no. Ma questo non significa che Gianfranco Bartolini, operaio della Galileo, comunista della FIOM, segretario della Camera del Lavoro e Presidente della Regione, non fosse uomo di unità e di dialogo.


Silvano Piovanelli, già Vescovo in Firenze, che ha saputo riconoscere nell’esperienza dell’Isolotto un autentico valore religioso e civile  ha voluto restituire alla città il senso profondo della sua storia.


Crediamo che oggi sia giunto il momento di accogliere questo messaggio di unità e di speranza.


E’ con questa motivazione che anche noi ci facciamo sostenitori della richiesta  per l’assegnazione del Fiorino d’oro a Enzo Mazzi e Sergio Gomiti.


 


Moreno Biagioni, Franco Quercioli                                         16/11/2006

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