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giovedì 28 giugno 2007

La soggiogante morale cattolica


di Lidia Menapace

13 giugno 2007

A i casi di pedofilia violenta che vengono denunciati e che coinvolgono anche preti sono seguiti molti dibattiti, per lo più seri precisi e che quasi sempre hanno evitato il sensazionalismo e la morbosità: dunque un bel risultato civile. Uno dei punti più discussi è se il clero debba avere una amministrazione della giustizia separata: ma da molti anni non vi sono più Tribunali ecclesiastici separati e i preti sono cittadini come gli altri, quanto al rispetto delle leggi. Se non pagano le tasse debbono risponderne, a maggior ragione se commettono reati come la pedolflia ecc. La Chiesa è competente sui peccati, lo stato sui reati. Lo stato della Città del Vaticano per i suoi sudditi ha una amministrazione della giustizia che non conosco bene, talora passa la competenza allo stato italiano (nel caso dell’attentato a papa Giovanni Paolo II), talora esegue al suo interno senza pubblicità (nel caso dei fatti di sangue tra le Guardie svizzere). "Sopire sopire,sedare sedare" sembra ancora il motto.

Un altro tema che è venuto fuori è una specie di incredulità per delitti così a lungo perpetrati e non denunciati. Bisogna che siano gli e le exbambine abusate a narrare come avvenne. E’ successo con una signora di Firenze che ha narrato la sua vicenda, durata dai 12 ai 25 anni. Davvero si pensa come sia stato possibile. In una trasmissione è stato detto che simli comportamenti sono tipici di una religiosità superstiziosa ecc.: vero, ma non è una spiegazione sufficiente.

Se mi riferisco alla mia formazione in una famiglia laica, superficialmente praticante, essa è stata molto rigorosa e fondata su libertà parità e responsabilità (mi considero molto fortunata): quando ebbi una profonda esperienza di fede, molto importante nella mia vita, potei evitare, grazie alle premesse "illuministiche" dei miei genitori, l’oppressione tipica di chi aveva avuto fin da piccola una rigorosa educazione cattolica. Sicchè posso dire che ancora oggi sono molto coinvolta dalle grandi domande poste dalla riflessione teologica, ma assolutamente fuori da ogni obbedienza formale e rituale.

Ho potuto dunque schivare il peggio dell’oppressione religiosa, che era per le ragazze pesantissima e impastata dell’idea di peccato al punto da togliere qualsiasi spontaneità e seminare diffidenza verso i sentimenti, le sensazioni, non parliamo di sensualità, che era già peccato. Il tutto era scritto in norme e regole oggettive, insomma il regno della casistica. Il corpo era messo in cattiva luce come fonte possibile di tentazioni e persino i gesti così definiti che davvero la moralità fatta di pezzi di corpo era la norma. Voglio dire che ci fu negata la possibilità di costruire una personale storia della conoscenza del piacere in tutta la sua svariatissima e differente natura, amore, sesso, amicizia, amicizia amorosa, conoscenza affettiva, conoscenza intellettuale con scambio di piacere intellettuale, insomma tutto ciò che non si può mettere se non sotto il segno della libertà e della responsabilità e della relazione e invece veniva messo sotto il segno del peccato veniale, mortale ecc. e dell’autorità. E’ vero che il tribunale ultimo dell’agire era riconosciuto essere la coscienza, ma era obbligo che fosse rettamente informata, cioè sottoposta all’autorità della gerarchia, di fatto del confessore. Così si capiscono personalità mozzate, amputate, ridotte in schiavitù per anni.

Il risultato è che anche quando non avvengono abusi o eccessi (il che per fortuna è frequente) l’etica rimane sempre nel profondo avvertita come una sorta di catalogo di cose da fare o da non fare, che quasi sempre è una fotocopia stinta e approssimativa della morale cattolica prescrittiva.

Il processo di secolarizzazione è stato molto vasto in materia di morale, ma molto superficiale, limitandosi a togliere divieti e norme e regole senza sostituirle con nulla. Il bullismo, l’esibizione dei rapporti sessuali ecc., è frutto di tale processo. Che ha prodotto -si potrebbe dire- una amoralità pratica. Il rischio è che, se non si intraprende un lavoro formativo di un’etica laica, con dimensioni pubbliche e politiche e responsabilità, libertà, parità nelle relazioni interpersonali, la morale cattolica tradizionale riciccia come quella che ha dietro di sè una memoria recente, una autorità ostentata come "naturale" e una serie di precetti obbedienze e divieti, che molto fa gioco alla restaurazione e piace alla destra anche miscredente e non obbediente, ma lieta che al popolo la Chiesa imponga di nuovo sottomissione rassegnazione ecc., intanto che i potenti possono praticare vizi privati e pubbliche virtù. Non sarebbe l’unica ipocrisia, perchè una doppia morale tra uomini e donne è -essa pure- appena dietro l’angolo. E’ un rischio molto grosso.


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