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mercoledì 27 febbraio 2008

Fece un gran danno alla chiesa

Il santo padre


 Ho ritrovato questo pezzo - con traduzione italiana - del Guardian, ormai vecchio di 3 anni. Ogni riferimento ai giorni che stiamo vivendo oggi è puramente casuale. Saluti a chi legge. Urbano.


 Il papa che fece un gran danno alla chiesa e ad un numero infinito di cattolici. Giovanni Paolo II divenne papa nel 1978, proprio mentre il periodo  progressista iniziato negli anni '60 stava declinando nella lunga notte politica di Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Non appena la  recessione dei primi anni '70 iniziò a farsi sentire, il mondo  occidentale virò decisamente a destra e la trasformazione di un  ignoto vescovo polacco da Karol Wojtyla in Giovanni Paolo II fu parte  di tale - più vasta - transizione. La Chiesa Cattolica era sopravvissuta negli anni '60 al suo  tipo particolare di periodo hippy, noto col nome di Concilio  Ecumenico Vaticano II; ed erano maturi i tempi per richiamare  all'ordine monaci sinistrorsi, suore progressiste e cattolici  sudamericani marxisti, usciti allo scoperto grazie all'opera di  Giovanni XXIII, che i cattolici più conservatori consideravano  strambo se non un agente sovietico. Quel che ci voleva per portare a termine un compito del  genere era proprio qualcuno ben introdotto nelle tecniche di guerra fredda. Come prelato polacco, Wojtyla proveniva da quello che era  probabilmente l'avamposto nazionale più reazionario di tutta la Chiesa Cattolica, pieno di piagnucolosi adoratori di Maria, fervidi  nazionalisti e feroci anticomunisti. L'aver avuto a che fare per anni  con i comunisti polacchi aveva trasformato Wojtyla e la sua compagnia  di vescovi in consumati attori politici. In effetti, Wojtyla aveva  dato alla chiesa polacca un'organizzazione spesso non differente da  quella della burocrazia stalinista. Entrambe le istituzioni erano dogmatiche, ottuse, censorie e gerarchiche, impregnate di miti e culti della personalità. In realtà, gli uni e gli altri erano nemici  mortali tra loro, ingabbiati nella loro battaglia per la conquista  dell'anima polacca.

Consapevoli di quanto poco avessero ottenuto dal dialogo col regime  polacco, i vescovi erano poco inclini a prestar orecchio (a  differenza dell'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams) a entrambe  le fazioni del conflitto religioso che stava prendendo piede in seno  alla chiesa universale. In una visita al Vaticano di prima che  divenisse papa, l'autoritario Wojtyla era inorridito alla vista dei  litigiosi teologi. Non era così che si faceva a Varsavia. L'ala  conservatrice del Vaticano, che fin dalle origini detestava il  Concilio II e tentato di tutto per sabotarlo, guardò quindi ai  polacchi come ancora di salvezza. Quando il trono di Pietro si  liberò, i conservatori si turarono il naso e vinsero la loro  avversione per un non-italiano, eleggendone uno per la prima volta  dal 1522. Una volta investito dei poteri papali, Giovanni Paolo II fece marcia  indietro su tutte le liberalità concesse dal Concilio Vaticano II. I  più importanti teologi liberali vennero chiamati al suo cospetto per  una strigliata. Uno dei suoi primi obiettivi fu quello di  ripristinare in mano papale il potere fin lì decentrato presso le  chiese e le curie locali. I primi cristiani eleggevano - uomini e  donne - i loro ministri. Il Vaticano II non arrivò a sostenere la  necessità di tornare a tale istituto, tuttavia aveva insistito  sulla  dottrina della collegialità, nella quale il papa non era il capo dei  capi, ma il primus inter pares.

Giovanni Paolo, però, non riconosceva eguaglianza con nessuno.  Dall'inizio della sua carriera ecclesiastica, era sempre stato noto  per la sconfinata fiducia nei suoi mezzi spirituali e intellettuali.  Graham Greene una volta disse di aver sognato un titolo di giornale  che diceva «Papa Giovanni Paolo beatifica Gesù Cristo». I vescovi erano convocati a Roma per ricevere ordini, non consigli fraterni.  Destrorsi gallonati filofranchisti venivano onorati, e i teologi  della liberazione sudamericani sgridati ad alta voce. L'autorità del  papa era così indiscutibile che il capo di un seminario spagnolo  riuscì a convincere i suoi studenti di aver ricevuto dal papa stesso  l'autorità per masturbarli. Come risultato dell'accentramento di tutto il potere a Roma,  vi fu una regressione di tutte le chiese locali. Il clero si trovò  incapace di assumere decisioni autonome senza guardarsi alle spalle,  verso il Sant'Uffizio. In questo clima esplose lo scandalo degli  abusi su minori. La risposta di Giovanni Paolo fu quella di  trasferire a Roma e premiare con un alto incarico il cardinale  americano che aveva assiduamente cercato di coprire lo scandalo  finché era stato possibile.

Il più grosso crimine di questo papato, comunque, non è stato né il suo atteggiamento di copertura di tali fatti, né il suo  atteggiamento troglodita verso le donne. È stata la grottesca ironia  con la quale il Vaticano ha condannato - come "cultura della morte" -  i profilattici, che avrebbero potuto salvare non si sa quanti  cattolici del terzo mondo da una lenta e dolorosa morte per AIDS. Il  papa va verso la sua gloria eterna portando in braccio tutti questi  morti. È stato una delle più grandi disgrazie per il cristianesimo dai tempi di Darwin.


Terry Eagleton insegna all'Università di Manchester, Regno Unito.  [«The Guardian», 4/4/2005]

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The Pope did great damage to the church, and to countless Catholics

Terry Eagleton - Monday April 4, 2005 - The Guardian


John Paul II became Pope in 1978, just as the emancipatory 60s were declining

into the long political night of Ronald Reagan and Margaret Thatcher. As

the economic downturn of the early 70s began to bite, the western world made

a decisive shift to the right, and the transformation of an obscure Polish

bishop from Karol Wojtyla to John Paul II was part of this wider transition.

The Catholic church had lived through its own brand of flower power in the

60s, known as the Second Vatican Council; and the time was now ripe to rein

in leftist monks, clap-happy nuns and Latin American Catholic Marxists. All

of this had been set in train by a pope - John XIII - whom the Catholic conservatives

regarded as at best wacky and at worst a Soviet agent.

What was needed for this task was someone well-trained in the techniques

of the cold war. As a prelate from Poland, Wojtyla hailed from what was probably

the most reactionary national outpost of the Catholic church, full of maudlin

Mary-worship, nationalist fervour and ferocious anti-communism. Years of

dealing with the Polish communists had turned him and his fellow Polish bishops

into consummate political operators. In fact, it turned the Polish church

into a set-up that was, at times, not easy to distinguish from the Stalinist

bureaucracy. Both institutions were closed, dogmatic, censorious and hierarchical,

awash with myth and personality cults. It was just that, like many alter

egos, they also happened to be deadly enemies, locked in lethal

combat over the soul of the Polish people.

Aware of how little they had won from dialogue with the Polish regime, the

bishops were ill-inclined to bend a Rowan-Williams-like ear to both sides

of the theological conflict that was raging within the universal church.

On a visit to the Vatican before he became Pope, the authoritarian Wojtyla

was horrified at the sight of bickering theologians. This was not the way

they did things in Warsaw. The conservative wing of the Vatican, which had

detested the Vatican Council from the outset and done its utmost to derail

it, thus looked to the Poles for salvation. When the throne of Peter fell

empty, the conservatives managed to swallow their aversion to a non-Italian

pontiff and elected one for the first time since 1522.

Once ensconced in power, John Paul II set about rolling back the liberal

achievements of Vatican 2. Prominent liberal theologians were summoned to

his throne for a dressing down. One of his prime aims was to restore to papal

hands the power that had been decentralised to the local churches. In the

early church, laymen and women elected their own bishops. Vatican 2 didn't

go as far as that, but it insisted on the doctrine of collegiality - that

the Pope was not to be seen as capo di tutti capi, but as first among equals.

John Paul, however, acknowledged equality with nobody. From his early years

as a priest, he was notable for his exorbitant belief in his own spiritual

and intellectual powers. Graham Greene once dreamed of a newspaper headline

reading "John Paul canonises Jesus Christ". Bishops were summoned to Rome

to be given their orders, not for fraternal consultation. Loopy far-right

mystics and Francoists were honoured, and Latin American political liberationists

bawled out. The PopÈs authority was so unassailable that the head of a Spanish

seminary managed to convince his students that he had the PopÈs personal

 permission to masturbate them.

The result of centring all power in Rome was an infantilisation of the local churches.

Clergy found themselves incapable of taking initiatives without nervous glances

over their shoulders at the Holy Office. It was at just this point, when the local churches were least capable of handling a crisis maturely, that the child sex abuse scandal broke. John Paul's response was to reward

an American cardinal who had assiduously covered up the outrage with a plush posting in Rome.

The greatest crime of his papacy, however, was neither his part in this cover up nor his neanderthal attitude to women. It was the grotesque irony by which the Vatican condemned - as a "culture of death" - condoms, which might have saved countless Catholics in the developing world from an agonising Aids death. The Pope goes to his eternal reward with those deaths on his hands.

He was one of the greatest disasters for the Christian church since Charles Darwin.

 Terry Eagleton is professor of cultural theory at Manchester University

 

1 commento:

  1. ma come? quel bravo papa che piace tanto ai ragazzi,ai papaboys? quello simpatico, che una volta ha detto una frase in romanesco?

    :)

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